RICORDANDO MARTIN LUTHER KING
4 aprile 1968 muore Martin Luther King
da Riforma.it - 03 aprile 2018
La chiesa valdese di Pinerolo ha dedicato il culto del Venerdì Santo a Martin Luther King. Si può leggere il foglio con la liturgia alla pagina "Educazione alla fede": http://www.pinerolovaldese.org/pinerolovaldese/educazione-alla-fede.php
Riforma (www.riforma.it) dedica una serie di articoli e riflessioni in occasione dei 50 anni dall’assassinio di M. L. King, pastore battista e leader del movimento nonviolento per i diritti civili degli afroamericani
Memphis 4 aprile 1968: il trentanovenne Martin Luther King jr, pastore battista e leader del movimento nonviolento per i diritti civili degli afroamericani in America, veniva ucciso sul balcone del Lorraine Motel da un colpo di fucile di precisione.
A cinquant’anni da quell’assassinio si terranno negli USA, ma anche in Italia, moltissimi eventi ed iniziative che ricorderanno la figura del dottor King, premio Nobel per la pace.
Con una serie di articoli che vanno dal 3 al 6 aprile, Riforma prova a ripercorrere alcuni momenti della complessa vita di King e del movimento per i diritti civili che non solo cambiò gli Stati Uniti d’America ma anche il resto del mondo.
Nell’articolo che apre oggi la serie, il pastore Italo Benedetti ricostruisce il backgroud culturale e spirituale che portò il giovane King a diventare il paladino dei diritti civili. Seguiranno nei prossimi giorni: il contributo del prof. Massimo Rubboli, docente emerito di Storia dell'America del Nord all’Università di Genova, che propone di rileggere M. L. King al di là della costruzione del mito che ne ha fissato l’immagine al famoso discorso pronunciato nel 1963 “I have a dream”, offuscando la figura radicale che King fu negli anni seguenti: dichiarato oppositore della politica estera americana, che chiedeva che la giustizia si estendesse non solo agli afro-americani ma anche a tutti gli americani poveri. Ecco poi un ritratto di Rosa Park, donna di fede e convinta attivista, il cui gesto politico di non cedere il posto sull’autobus ad un bianco diede inizio al famoso boicottaggio dei mezzi di trasporto pubblici a Montgomery. Segue una riflessione sul carattere redentivo della sofferenza immeritata nella vita e nel pensiero di M. L. King, a cura del pastore Massimo Aprile. Ecco quindi un’intervista al pastore battista David E. Goatley, direttore esecutivo della Lott Carey International e membro del Consiglio direttivo della National Association for the Advancement of Coloured People, la più antica organizzazione per i diritti civili degli afroamericani, sull’eredità di M. L. King alla prova del razzismo ancora vivo negli Stati Uniti d’America. Infine, Maurizio Girolami restituisce un’istantanea di cosa accadeva in Italia, in particolare nelle chiese italiane, nell’anno in cui veniva assassinato King.
La serie di articoli sarà pubblicata anche sul settimanale Riforma - Eco delle valli valdesi. Buona lettura!
***
Il biotestamento è legge. Soddisfazione del coordinatore della Commissione bioetica battista-metodista-valdese
Luca Savarino: “Finalmente riconosciuto quello che è un diritto fondamentale”
Roma, 14 dicembre 2017 (NEV/CS63) – Soddisfazione per l’approvazione al Senato della legge che disciplina le “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” è stata espressa da Luca Savarino, coordinatore della Commissione bioetica delle chiese battiste, metodiste e valdesi in Italia.
“E’ una conquista per l’Italia che non ha nulla di rivoluzionario – ha dichiarato all’Agenzia NEV –, ma semplicemente ci pone sullo stesso piano della stragrande maggioranza dei paesi europei e occidentali”.
Una legge che ribadisce l’importanza del “consenso informato” nella relazione medico-paziente, un dato che agli occhi di Savarino riconosce due elementi fondamentali: “da un lato la relazione medico-paziente che si basa sulla fiducia e la collaborazione reciproca, ma dall’altro la facoltà del paziente di avere l’ultima parola riguardo ai trattamenti a cui vuol essere sottoposto”.
Inoltre, “è un testo esente da ogni deriva eutanasica, esplicita o velata – aggiunge Savarino – che ha come pregio ulteriore quello di permettere la sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione artificiali a pazienti in stato vegetativo persistente”.
Anche se è probabile che questa legge verrà “effettivamente utilizzata da una stretta minoranza di persone, come accade in tutti i paesi che hanno adottato le direttive anticipate di trattamento – conclude Savarino -, essa tuttavia ha il merito di riconoscere un diritto fondamentale che è ampiamente condiviso dalla maggioranza dei cittadini, ivi compresa larga parte del mondo cattolico-romano”.
***
Dopo TorrePellice e LusernaSanGiovanni, Città di Pinerolo vuole diventare nel 2018 il terzo comune della Regione Piemonte "amico della demenza"
Un importante riconoscimento promosso dall'Organizzazione Mondiale della Sanità in cui l'Italia è indietro rispetto agli altri paesi europei. Sono 200 i comuni in Gran Bretagna, solo 9 in Italia, gli unici due in Piemonte sono quelli della val Pellice, grazie anche al lavoro della Diaconia Valdese, di XSONE Diaconia Valdese - COV e del Rifugio Re Carlo Alberto.
Conferenza stampa a Pinerolo:
https://www.facebook.com/RadioBeckwith/videos/1723036831113587/
***
Eutanasia sì o no? Aperto il dibattito nelle chiese evangeliche
Nev - 27 luglio 2017 - La Commissione bioetica delle chiese battiste, metodiste e valdesi in Italia ha recentemente licenziato un nuovo documento sul fine vita. Il testo, che propende a favore di una legalizzazione dell’eutanasia, è ora oggetto di discussione nelle singole chiese
Le delicate questioni di fine vita tornano al centro dell’attenzione delle chiese evangeliche italiane, dopo che la Commissione bioetica delle chiese battiste, metodiste e valdesi (BMV) ha licenziato a maggioranza un nuovo testo intitolato: “E’ la fine, per me l’inizio della vita. Eutanasia e suicidio assistito: una prospettiva protestante”.
«Dopo due anni di lavoro – spiega Luca Savarino, coordinatore della Commissione bioetica BMV – proponiamo alle chiese questo testo con cui auspichiamo di avviare all’interno delle singole comunità, ma anche nel più ampio spazio pubblico italiano, un dibattito sereno e approfondito sui temi dell’eutanasia e del suicidio assistito».
Nelle conclusioni del documento si legge: “Tale dibattito dovrebbe essere condotto tenendo a mente sia le evidenze scientifiche a oggi disponibili, sia i dati sulla legislazione dei paesi che negli ultimi venticinque anni hanno intrapreso un simile percorso. Nella consapevolezza di affrontare un tema controverso, abbiamo tentato di distinguere tra diversi livelli del discorso, che spesso si intrecciano e si confondono reciprocamente. Tra il piano scientifico, quello etico e quello giuridico, innanzitutto. Tra un’etica cristiana, che si rivolge principalmente alle comunità di fede, e un’etica secolare, che fa uso di argomentazioni potenzialmente universali in secondo luogo, il nostro punto di vista, aperto dalla fede, non pretende di assolutizzare una morale speciale, ma è attento al contesto entro cui le scelte individuali e le dinamiche politiche avvengono”.
Il tema della dolce morte è delicato e nelle chiese protestanti, anche a livello europeo, c’è disaccordo. Tuttavia, la Commissione bioetica BMV propende per una linea più possibilista a favore dell’eutanasia. «E’ giusto che si discuta – afferma Savarino -; le posizioni divergono anche all’interno della nostra stessa Commissione, tant’è che il testo non è stato votato all’unanimità. Nel panorama del protestantesimo storico da almeno quarant’anni sono compresenti due differenti linee di pensiero sui temi del fine vita. La prima, largamente maggioritaria, è quella che ritroviamo nel documento della Comunione di chiese protestanti in Europa (CCPE) “Un tempo per vivere e un tempo per morire”, in cui l’eutanasia è vista come profondamente problematica sul piano etico, mentre sul piano culturale la sua legalizzazione equivarrebbe alla sua banalizzazione. La seconda è quella che compare per la prima volta nel 1972 in un rapporto del Sinodo della Chiesa riformata d’Olanda dal titolo “Eutanasia. Significato e limiti della terapia medica”, e che per certi aspetti caratterizza anche i nostri documenti».
Il nuovo documento, già inviato alle chiese, verrà presentato da Savarino in occasione del prossimo Sinodo delle chiese metodiste e valdesi in agenda dal 20 al 25 agosto a Torre Pellice (TO). Il dibattito è aperto.
Per approfondimenti clicca qui.
Diritto di scelta sul fine vita. La posizione protestante
La riflessione interna alle chiese evangeliche relativamente alla necessità di una legge sul “testamento biologico” nasce diversi anni fa, mettendo al centro l’autodeterminazione dell’individuo in materia sanitaria.
Roma (NEV), 26 gennaio 2017 – Il 30 gennaio torna in aula il “testamento biologico”. La proposta di legge è stata varata all’unanimità dalla Commissione Affari sociali della Camera dei deputati, ma vede già più di 2500 emendamenti. In tema, e in particolare sul diritto di scelta di ogni individuo, le chiese protestanti italiane hanno da tempo avviato una riflessione. A più riprese si sono espresse contro il “sondino di stato” e a favore dell’autodeterminazione in materia sanitaria. Una battaglia che ha coinvolto intere comunità nel tentativo di sensibilizzare le coscienze sul delicato problema del fine vita e sulla necessità di una buona legge sul testamento biologico.
Esattamente dieci anni fa, nel 2007, il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi (massimo organo decisionale della chiesa) aveva approvato una mozione favorevole al testamento biologico, in cui si legge: “E’ principio di civiltà dare voce, attraverso una legge, alle scelte della persona compiute con coscienza e volontà e in previsione di una futura incapacità nell’esprimere validamente il suo pensiero”. A questo proposito gli evangelici italiani hanno sempre ricordato il caso tedesco, dove già nel 1999 la Chiesa evangelica in Germania (EKD) e la Conferenza episcopale tedesca (DBK), in collaborazione con la Comunità delle chiese cristiane in Germania (ACK), hanno licenziato il primo documento congiunto intitolato: “Direttiva sul Testamento biologico cristiano”.
Ma da cosa nasce questa impostazione delle chiese evangeliche relativamente ad una materia così delicata? Spiega Luca Savarino, coordinatore della Commissione bioetica della Tavola valdese: “Se dovessimo tentare di sintetizzare in poche righe l’’apertura’ che spinge i membri di una confessione religiosa minoritaria a dire sì all’approvazione di una legge sulle direttive anticipate, potremmo dire che essa si sostanzia in primo luogo come inclinazione alla laicità. E’ nostra intenzione prendere sul serio il contesto pluralistico entro cui viviamo, senza pretendere che le nostre posizioni sui temi etici, che certo riteniamo moralmente giustificate, ma che sappiamo legate a una scelta di fede, debbano essere imposte per legge all’intera comunità umana. E’ nostra convinzione che il ruolo di una Chiesa non sia quello di emanare leggi per impedire che gli individui pecchino, ma di dar da pensare, per far sì che gli individui scelgano in maniera consapevole. L’etica protestante non rifiuta l’idea che esistano norme etiche, rifiuta piuttosto i principi etici assoluti, come quello della sacralità della vita. Un rifiuto che nasce dalla consapevolezza di essere collocati, come credenti e come cittadini, in un ambito che potremmo definire ‘penultimo’, e dalla convinzione che qualsiasi prospettiva etica legalistica e astratta sia destinata a rivelarsi dispotica”.
Il nome di padre e madre
Se si riconosce il ruolo della donna nella società, è giusto riconoscerlo anche nel cognome che portano figli e figlie. Una decisione che dovrebbe influenzare il mondo della politica
Di Matteo De Fazio, Riforma-Eco delle Valli valdesi, n. 44, 18 novembre 2016
La settimana scorsa la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima «l’automatica attribuzione» del cognome paterno ai nuovi nati se i genitori hanno una volontà diversa. La legittimità costituzionale dell’attribuzione automatica del cognome paterno era stata sollevata dalla Corte di appello di Genova dopo che una coppia aveva chiesto di poter dare entrambi i cognomi al figlio. Nel 2014 la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo aveva condannato l’Italia per la discriminante assenza di legislazione in merito, e d’ora in poi i genitori potranno dare il doppio cognome ai figli. Abbiamo commentato la notizia con il pastore Paolo Ribet, che è in servizio alla chiesa valdese di Torino ed è coordinatore della Commissione «Famiglie, matrimonio, coppie, genitorialità» nominata dalla Tavola valdese.
– Che cosa significa questa decisione?
«Sui giornali questa decisione è comparsa come un fulmine a ciel sereno, ma è il prodotto di una battaglia che dura già da diversi anni: una battaglia in cui si rivendica, di fatto, la parità di genere. La discendenza è sempre stata al maschile, come dice la parola stessa, “patronimico”. Nel momento in cui riconosciamo il ruolo della donna nella società, dobbiamo anche riconoscerlo nel nome che i figli portano. La cosa che colpisce è che la Corte costituzionale arrivi dove non arriva il Parlamento, e ciò che deve farci riflettere è il ritardo sistematico culturale del nostro organo legislativo: perché siano riconosciute libertà e diritti civili spesso bisogna attendere due generazioni. La legge sulla libertà di culto, per esempio, è statica da decine di anni, riavviata o ferma, così come altre leggi di avanzamento culturale che si impantanano e rimangono bloccate dalle procedure. Per fortuna i diritti vengono riconosciuti al- meno dalla Corte costituzionale, la quale legge la Costituzione non alla luce del 1948, ma alla luce delle necessità di oggi».
– L’aspetto giuridico però non basta, giusto?
«Esatto, infatti dall’altra parte occorre fare attenzione, perché personalmente vedo il pericolo di un ritorno al maschilismo. Ci sono dei passi avanti nella società, ma nel contempo delle reazioni e dei passi indietro nella vita privata: si pensi al numero dei femminicidi che continuano, e all’incapacità del maschio di comprendere la reale dignità della donna con cui condivide la sua vita. Anche l’elezione di Trump ci colpisce in questo senso: il suo atteggiamento maschilista è stato comunque votato, anche dalle donne, come oggetto di speranza per il futuro, che però rischia di lasciare in secondo piano la dignità».
– Come si inserisce questa sentenza nel dibattito tra «famiglia tradizionale» e «nuove famiglie»? «La decisione della Consulta costringerà il mondo politico a prendere atto della realtà e di una dimensione dell’attualità. Spesso si pensa che i diritti degli altri vadano a ledere i propri: se si riconosce a un altro il diritto alla dignità, io perdo qualcosa. Questo ragionamento sta nella testa di molte persone che si chiudono di fronte alle nuove realtà che emergono. Come società e anche come Chiesa valdese – Unione delle chiese e metodiste e valdesi dobbiamo ribadire, sostenere e affermare con forza che la libertà di tutti porta a un accrescimento della libertà di ognuno. Le libertà degli altri non limitano quelle del singolo. Solo quando tutti hanno la stessa dignità, la libertà è goduta in modo pieno e totale. Per le famiglie, queste notizie rappresentano dei passi avanti, mai dei passi indietro».
SCHEDA
Come cambia il cognome
La prima volta che in Parlamento si è parlato di attribuzione del doppio cognome al figlio risale a 40 anni fa.
FINO A OGGI
In caso di matrimonio:
– Viene attribuito sempre il cognome del padre: non esiste norma specifica a riguardo, ma si desume da una serie di norme del Codice civile in tema di matrimonio e figli;
– Viene aggiunta la possibilità del cognome materno secondo il Dpr n. 396 del 3 novembre 2000. È necessaria una lettera motivazionale da parte del figlio maggiorenne o dei genitori al prefetto. Si può aggiungere il cognome se la madre è personaggio celebre e suo cognome può dare giovamenti al figlio, oppure per ragioni sentimentali o affettive, o per rischio di derisioni. Nel 2010 su 1.645 richieste vi sono state 1.529 autorizzazioni e 116 dinieghi.
In caso di coppie non sposate:
– È sempre stato attribuito il cognome del padre (articolo 262 del Codice civile);
– Il cognome della madre era attribuito se il padre non riconosce subito il figlio, ma solo in un secondo momento, quindi si avrà doppio cognome;
In caso di un genitore di nazionalità estera:
– Il figlio può richiedere l’applicazione delle norme anche del paese in cui risiede il genitore straniero.
SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE – NOVEMBRE 2016
– Viene dichiarata illegittima la norma che prevede l’automatica attribuzione del cognome paterno al figlio, in presenza di una diversa volontà dei genitori.
Si fa riferimento a un giudizio del 7 gennaio 2014 della Corte europea per i Diritti dell’uomo che ha stabilito che l’attribuzione automatica del cognome del padre è una chiara discriminazione basata sul sesso, in particolare dell’articolo 8 e del 14 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo.
Già nel 1995 e nel 1998 il Consiglio d’Europa aveva chiesto agli Stati mem- bro di adeguare le proprie norme, e un’altra sentenza della Consulta nel 2006 aveva già a sua volta dichiarato non coerente con i principi costituzionali l’attribuzione del solo cognome paterno.
Si tratta quindi di sentenze, manca una legge quadro.
LEGGE SU COGNOME DEI CONIUGI E DEI FIGLI – IN ATTESA DEL VOTO DEL SENATO DOPO IL SI’ DELLA CAMERA
– La proposta di legge presentata il 20 marzo 2013, approvata dalla Came- ra dei Deputati in data 27 settembre 2014 con 239 si, 92 no e 69 astenuti, è arenata da allora, il Senato non l’ha mai votata.
Che cosa prevede la nuova legge:
– Alla nascita il figlio potrà avere il cognome del padre, o della madre o di entrambi i genitori. Se non vi è accordo fra i genitori il figlio avrà entrambi i cognomi in ordine alfabetico.
– La nuova legge vale sia per i figli nati all’interno del matrimonio sia per quelli nati fuori dal matrimonio.
– Trasmissibilità del cognome: chi ha due cognomi può trasmetterne al fi- glio uno soltanto a sua scelta.
– Le stesse norme valgono anche per i figli adottati.
***
La «famiglia al plurale»: un incontro con gli ospiti stranieri presenti al Sinodo
Riforma.it - di Paola Schellenbaum - 24 agosto 2016
La necessità di raggiungere un consenso nelle Chiese e di confrontarsi con la legislazione vigente
La presenza di ospiti stranieri al Sinodo è piuttosto elevata come numerosi sono i paesi da cui essi provengono, alcuni anche molto distanti per cultura e tradizioni. I partecipanti sono però accomunati dalla fede evangelica delle chiese della Riforma protestante che in questi anni – in particolare nel 2017 - sarà motivo di riflessione e di confronto non solo storico ma anche calato nelle situazioni particolari che viviamo oggi nel nostro tempo. Alcuni di questi ospiti – che sono i rappresentanti delle loro chiese e sono dunque spesso membri degli esecutivi o di commissioni – si fermano per tutto il periodo in cui si svolge il Sinodo, altri invece solo nei primi giorni: nella giornata di martedì viene loro offerto un programma dedicato, con la compagnia delle guide dell’Ufficio “Il Barba” e i traduttori (inglese, francese, tedesco).
Una delegazione della Commissione “famiglie, matrimonio, coppie, genitorialità” e della Commissione “Culto e liturgie” – composta da Paolo Ribet, Mirella Manocchio e da chi scrive queste note – ha dialogato per un’ora e mezza con gli ospiti stranieri sui temi della famiglia, declinata “al plurale”, illustrando il cammino compiuto di revisione del documento sul matrimonio (RO.M 1971) che Giorgio Peyrot aveva concepito insieme ad altri e che porta l’impronta del giurista e credente evangelico che abbiamo recentemente ricordato. Ci si è poi a lungo soffermati sulla liturgia di benedizione di coppie dello stesso sesso, approvata dal Sinodo dello scorso anno, su cui sono confluite diverse domande e la richiesta di una traduzione in inglese in modo che il testo possa circolare anche a livello internazionale.
È stato sottolineato negli interventi che il compito della Commissione famiglie non è semplice per il continuo tentativo di raggiungere quel “consensus ecclesiae” che solo l’ascolto reciproco e l’autentico e fraterno interesse per ogni posizione e opinione può consentire di raggiungere. Le difficoltà riguardano anche la crescente complessità della legislazione italiana su una materia tanto delicata e in divenire che ha visto solo recentemente l’introduzione delle unioni civili di coppie dello stesso sesso e di coppie eterosessuali: le legislazioni variano da paese a paese ma un breve cenno è stato fatto alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Rodotà, “Diritto d’amore” Laterza 2015).
Gli interventi hanno presentato una breve ricostruzione delle tappe fondamentali anche alla luce del rinnovato dialogo ecumenico – che a Pinerolo porta frutti abbondanti dal punto di vista del confronto su questi temi e non ultimo sulla liturgia battesimale per coppie interconfessionali – e del dialogo con la società civile dove i documenti preparatori, presentati in Sinodo negli anni scorsi, hanno avuto un’eco significativa. Ai partecipanti è stato distribuito un articolo in inglese della sociologa Chiara Saraceno dal titolo From the ‘family’ to’ families’ che è stato a lungo sul sito della rivista “Reset Dialogues” che ha organizzato recentemente il primo Festival dei Diritti Umani a Milano: nel terzo paragrafo Saraceno, nota sociologa della famiglia con un curriculum europeo ed internazionale, cita ampiamente il documento discusso in Sinodo valdese e lo compara con analoghi documenti di chiese sorelle e della Chiesa cattolica romana, affermando però che le chiese protestanti in questi anni hanno cercato di modificare i documenti dottrinali e la pastorale per andare incontro a tutti i tipi di famiglia: come ha riaffermato alla stampa in questi giorni il moderatore Eugenio Bernardini, Dio accoglie nella sua immensa grazia tutte le forme di famiglia.
La discussione sulle famiglie prosegue dunque in vista della redazione del documento finale: una maggiore attenzione verrà rivolta alle famiglie immigrate che sono una componente significativa delle nostre chiese, ma soprattutto alle famiglie vulnerabili che sono arrivate più recentemente con la richiesta di asilo. Le chiese sono un luogo di accoglienza e di rigenerazione della speranza e della fede, indipendentemente dall’orientamento sessuale, dalla provenienza geografica, dalla cultura: tutti e tutte sono figli di Dio in cerca di una vita migliore e benedetta dal Signore.
Celebrata a Pinerolo la prima Unione Civile
Il Comune di Pinerolo rende noto che, nella mattinata di mercoledì 17 agosto 2016, presso la sala rappresentanza del Comune di Pinerolo, in un clima di grande emozione, sobrietà e riservatezza, il Sindaco ha celebrato la prima unione civile tra due persone dello stesso sesso, a norma della legge 76/2016.
“Il Comune di Pinerolo è tra i primi in Italia a essersi organizzato per questo tipo di cerimonia, grazie al preciso e puntuale lavoro dell'Ufficio di Stato Civile, che è doveroso ringraziare – dice il Sindaco Luca Salvai. E’ stato fatto un piccolo passo in avanti sul tema dei diritti civili. L’amministrazione di Pinerolo porge ai diretti interessati i più sinceri auguri per una vita insieme piena di gioia e soddisfazioni: da oggi la loro unione è finalmente riconosciuta dallo Stato Italiano”.
In futuro sarà pertanto possibile unirsi civilmente rivolgendosi all’Ufficio di Stato Civile del Comune di Pinerolo.
17/05/2016
OMOFOBIA: OMOFOBIA: BOLDRINI, DISCRIMINAZIONI INACCETTABILI. LA LEGGE SARÀ UN ALTRO PASSO AVANTI SULLA STRADA DEI DIRITTI
3143 - Dichiarazione della Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini:
"Discriminazione, bullismo, violenza. Le cronache ci raccontano ogni giorno episodi di intolleranza legati all'orientamento sessuale. Accadono a scuola come al lavoro, nello sport e nei luoghi di socializzazione, al nord come al sud, in qualsiasi ambiente e classe sociale. Ma in una società che si definisce democratica costituiscono discriminazioni inaccettabili, oltre che una violazione del dovere costituzionale di garantire il pieno sviluppo della persona, di ogni persona.
Per questo, nella giornata mondiale contro l'omofobia e la transfobia, è importante riaffermare la necessità di un impegno culturale, ma anche di efficaci deterrenti. La legge che introduce nell'ordinamento il reato specifico può aiutare il nostro Paese a prendere atto dei cambiamenti già avvenuti nella società.
La norma, votata alla Camera e adesso all'esame del Senato, da sola non sarà certo sufficiente. Ma intanto colmerà un vuoto legislativo che pesa e ci farà fare, dopo il testo sulle unioni civili, un altro passo avanti sulla strada dei diritti. Mi auguro che venga approvata in via definitiva al più presto. L'Italia ne ha bisogno".
Diritti. Il 17 maggio è la Giornata Internazionale contro l’omofobia e la transfobia
Roma (NEV), 11 maggio 2016 – Com’è ormai consuetudine, in occasione della Giornata mondiale contro l’omofobia e la transfobia celebrata il 17 maggio, numerose comunità valdesi, battiste, metodiste e luterane parteciperanno in decine di città alle veglie ecumeniche di preghiera appositamente organizzate per la ricorrenza. Anche molti dei culti domenicali saranno dedicati all’omofobia. “Amatevi come io vi ho amato” (Gv 13,35): questo il versetto scelto che unirà tutte le iniziative nazionali per il superamento dell'omo-transfobia (vedi in appuntamenti). La Commissione Fede e Omosessualità delle chiese battista, metodista e valdese ha realizzato e messo a disposizione di tutti due sussidi: uno schema liturgico e una scheda omiletica sul testo di Giovanni 13,35.
Non solo veglie ecumeniche, ma anche “camminate arcobaleno”, concerti o fiaccolate, come quella prevista a Firenze denominata “Fiaccolata di luce contro ogni marginalità” con partenza alle 20 da piazza Ognissanti: passando da alcuni luoghi simbolo della città, terminerà alla chiesa valdese di via Micheli, dove le fiaccole accenderanno “l’albero della vita” che con la sua luce illuminerà la veglia ecumenica per ricordare tutte le vittime dell’omotransfobia e di tutte le discriminazioni.
La prima Giornata internazionale contro l’omofobia fu celebrata nel 2005 su iniziativa di Louis-Georges Tin, accademico francese e curatore del Dictionnaire de l’homophobie. Il 17 maggio di quindici anni prima (era il 1991) l’omosessualità veniva infatti rimossa dalla lista delle malattie mentali inserite nella classificazione internazionale pubblicata dall’Organizzazione mondiale della sanità. Nel 2007 la Giornata è stata de jure istituita dall’Unione Europea.
(Per ulteriori approfondimenti e appuntamenti vedi anche: https://refoitalia.wordpress.com/ - https://inveglia.wordpress.com/ - http://www.gionata.org/maggio-2016-le-citta-dove-si-vegliera-per-ricordare-le-vittime-dellomotransfobia/).
BENEDIZIONE DELLE COPPIE DELLO STESSO SESSO ANCHE IN GERMANIA
Sinodo del Baden: sì alla benedizione delle coppie dello stesso sesso
Dal 19 al 23 aprile si è svolto a Bad Herrenalb il Sinodo della Chiesa evangelica del Baden, una delle chiese regionali tedesche con cui la Chiesa valdese ha contatti fraterni. I temi affrontati dai circa ottanta membri, per lo più laici, sono stati i seguenti: le chiese della Riforma nel mondo globalizzato, la benedizione delle coppie dello stesso sesso, le scuole ecclesiastiche per l’infanzia e i diversi modelli di catechismo.
Il tema più seguito dalla stampa e dall’opinione pubblica tedesche è stato certamente quello relativo alla benedizione delle coppie dello stesso sesso. Già nel 2003 la Chiesa del Baden aveva affrontato l’argomento.
Allora il Sinodo si era espresso con un no, relegando la questione alla sfera della cura d'anime. Ora i tempi sono sembrati maturi e il Sinodo, dopo ferventi discussioni, ha dato via al culto pubblico per la benedizione delle coppie dello stesso sesso.
Il secondo tema in agenda ha riguardato la questione della Riforma nel mondo globalizzato di oggi. I delegati di diverse chiese estere (Francia, Repubblica Ceca, Italia, Romania, Nigeria e Brasile) si sono raccolti in una tavola rotonda per confrontarsi sulle loro diverse esperienze. Il delegato della chiesa valdese al Sinodo tedesco, pastore Jens Hansen, ha illustrato il rapporto tra la Chiesa valdese e la Riforma protestante. Egli ha poi parlato delle sfide attuali che riguardano il protestantesimo italiano, tra le quali la questione dell’accoglienza dei profughi.
Fonte: www.chiesavaldese.org - 26 aprile 2016
GIORNATA CONTRO L'OMO-TRANSFOBIA
A Pinerolo, nel tempio valdese domenica 22 maggio, alle ore 10, veglia di preghiera ecumenica aperta a tutt* nell'ambito delle manifestazioni contro l'omo-transfobia.
«Amatevi come io vi ho amato» Riforma.it - 17 marzo 2016
Sarà questo versetto del vangelo di Giovanni che unirà le veglie che ricorderanno nel maggio 2016 le vittime dell’omo-transfobia e dell’intolleranza
«Amatevi come io vi ho amato» (Giovanni 13, 35), invito rivolto da Gesù a superare ogni incomprensione alla luce dell’amore del Padre comune sarà questo invito, sarà il versetto biblico che unirà tutte le veglie e i culti domenicali che ricorderanno nel maggio 2016 tutte le vittime dell’omo-transfobia e dell’intolleranza del nostro tempo. Questa esortazione, tratta dal Vangelo di Giovanni, è risultata le più votata dal sondaggio on-line, organizzato anche quest’anno dal Progetto Gionata – portale su fede e omosessualità - in collaborazione la Commissione fede e omosessualità delle chiese battiste, metodiste e valdesi. «Anche quest’anno – si legge nel comunicato stampa – hanno votato in tanti, in questo esercizio di democrazia dal basso nato per scegliere il versetto biblico che unirà tutti i momenti di preghiera che avranno luogo, in Italia e nel resto del mondo, il 17 maggio, giornata internazionale contro la violenza dell’omo-transfobia, perché come cristiani non possiamo tacere di fronte alle sofferenze e al dolore che le persone omosessuali e transessuali devono vivere e subire solo perché sono come Dio li ha voluti. Quest’anno pregheremo, con loro e per loro, uniti dall’esortazione “Amatevi come io vi ho amato” (Giovanni 13, 35) che ricorda che Dio ci ha creati “tutti come un prodigio” (Salmo 139, 14) e perciò nessuno può arrogarsi il diritto di escludere o uccidere nessuno nel suo nome “insegnando dottrine che sono precetti di uomini” (Marco 7, 1-13). Per questo pregheremo, ancora una volta insieme, per essere una luce di speranza nella nostra società, nelle nostre chiese, in Italia e nel mondo».
È possibile ricevere informazioni sulle veglie e i culti domenicali per il superamento della violenza dell’omotransfobia, sul sito INveglia, graficamente rinnovato, o sulla pagina del progetto Gionata dedicata o su Facebook.
NEV - 26 gennaio 2016
Il pastore Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese, interviene nel dibattito sulla legge Cirinnà
Nell'imminenza del voto parlamentare sui diritti delle coppie di fatto e omosessuali, il pastore Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese, interviene nel dibattito: «Valdesi e metodisti difendono i diritti di tutte le coppie che si costituiscono in una relazione d'amore e di impegno reciproco».
Dal 2010 la Chiesa valdese (Unione delle chiese metodiste e valdesi) autorizza la benedizione delle coppie dello stesso sesso.
«Non è compito di una chiesa dettare una legge o condizionare il legislatore nell'esercizio del suo mandato di rappresentanza degli elettori – afferma il moderatore Bernardini –. Ma una chiesa, così come ogni altra confessione religiosa, ha la possibilità di esprimere la propria idea e le proprie valutazioni su temi che la interrogano e la impegnano. E come valdesi e metodisti affermiamo con chiarezza che difendiamo i diritti di tutte le coppie che si costituiscono in una relazione d'amore e di impegno alla solidarietà reciproca. E ribadiamo, come facciamo da anni, che siamo pronti a benedire queste unioni nel nome di un Evangelo che è grazia e amore per tutte le creature di Dio».
DISEGNO DI FAMIGLIA PER CHIEDERE NUOVI DIRITTI SULLE UNIONI CIVILI
http://www.cilditalia.org/blog/disegno-di-famiglia-per-chiedere-uguali-diritti/
Amore: il diritto faccia un passo indietro
Paola Schellenbaum - Riforma.it 15 dicembre 2015
L’ultimo libro del giurista Stefano Rodotà
Affrontare il rapporto tra legge e amore significa parlare della vita mettendo in luce i dinamismi, i movimenti, le geometrie variabili e le metamorfosi che compongono e ricompongono le relazioni in cui siamo nati e cresciuti, in cui viviamo e in cui speriamo di invecchiare. Significa anche parlare di coppie e famiglie che sono il regno della diversità. Sembra dunque difficile poter accostare il diritto che parla di uguaglianza, regolarità, uniformità, con ciò che invece è imprevedibile, volubile e talvolta inaspettato: la vita quando è vissuta fino in fondo sfugge da tutte le categorizzazioni e tentativi di imbrigliarla entro schemi predefiniti. Come l’amore. E solo chi è innamorato dell’amore può occuparsene come in questo libro, appena arrivato in libreria.
Avevo ascoltato dalla viva voce dell’autore Stefano Rodotà alcune anticipazioni del suo lavoro – concepito inizialmente come lezioni offerte al pubblico in diversi festival culturali – ma la lettura del libro* è ancora più interessante e consente di comprendere il nostro tempo in materia di unioni, matrimoni, famiglie, cogliendo nel dettaglio le trasformazioni in cui siamo immersi ma che spesso non capiamo fino in fondo o non vogliamo vedere in tutte le loro implicazioni. Che cosa rende vitali le relazioni e vivibile la vita di coppia e la vita sociale e comunitaria? L’amore, appunto, l’amore del prossimo.
Rodotà è attento a non definire fino in fondo il «diritto d’amore», ben sapendo che parlarne non serve a legittimare l’amore – che non ha bisogno di legittimazione – ma significa comprendere che «l’amore vuol farsi diritto per realizzarsi pienamente». L’autore è infatti attento a mantenere la giusta distanza tra diritto e amore, due termini che potrebbero anche essere vissuti come antitetici. Scrive infatti nelle prime pagine del libro: «Dobbiamo allora convenire che, se il diritto vuole avvicinarsi all’amore, deve abbandonare non solo la pretesa d’impadronirsene, ma anche trasformare tecnicamente sé stesso in un discorso aperto, capace di cogliere e accettare contingenza, variabilità e persino irrazionalità. Soprattutto, di fronte alla vita, il diritto deve essere pronto a lasciare il posto al non diritto» (pp. 5-6).
I capitoli dedicati alla storia del diritto di famiglia sono illuminanti per ricostruire le forme e i modi attraverso cui nella modernità occidentale l’amore è stato rinchiuso in un unico perimetro entro il quale veniva considerato giuridicamente legittimo: il rapporto coniugale formalizzato nel matrimonio. E in questo retaggio scontiamo i ritardi e le difficoltà inerenti il mutamento sociale che ha interessato il matrimonio e la famiglia, con un aumento di separazioni e divorzi, delle unioni civili (omosessuali ed eterosessuali), dei single. «La politica nel nostro paese continua a trovare – scrive Rodotà – fiere resistenze con motivazioni diverse, che parlano di tutela della morale pubblica e privata o di garanzia del matrimonio eterosessuale come storico fondamento dell’ordine sociale. Questo esempio italiano, assai eloquente, non è tuttavia isolato. Nei tempi e nei luoghi più diversi l’alleanza tra politica e diritto ha potentemente contribuito a creare condizioni propizie a costumi e abitudini che respingevano l’amore e la sua pienezza» (p. 5).
I rapporti ineguali che vigevano nella famiglia fino al nuovo diritto di famiglia (1975) ci hanno abituato a una struttura gerarchica della famiglia, dove spesso vigevano subordinazione e talvolta violenza (come ricordiamo pubblicamente ogni 25 novembre nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne che non è affatto estirpata). Il messaggio evangelico di uguaglianza tra i partner è invece basato su un reciproco appartenersi che si apre agli altri e alla comunità: se letto insieme all’opera di Marzio Barbagli Storia della famiglia in Europa (Laterza 2015) si comprende come il perimetro dell’obbedienza e della subordinazione delle donne si sia costruito su un potere domestico separato dalla sfera pubblica.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea per la prima volta mette sullo stesso piano, con pari dignità, le unioni civili e il matrimonio, senza alcun riferimento al sesso dei partner e senza discriminare in base all’orientamento sessuale. È un riferimento importante anche per il dibattito pubblico nel nostro Paese, in una logica pluralista. E allora «l’amore diviene così una manifestazione della spiritualità che consente all’uomo di cogliere intuitivamente il valore di un altro essere» (p. 134).
Anche nelle nostre chiese il dibattito sta proseguendo su questi temi e questo libro è uno strumento prezioso per orientare la riflessione, che speriamo sia fruttuosa. Anche per la testimonianza che dobbiamo al Signore nella nostra società contemporanea.
* Stefano Rodotà, Diritto d’amore, Roma-Bari, Laterza, 2015, pp. 158, euro 14,00.
Laura Pausini. La sorpresa di scoprirci simili
di Pawel Gajewski
La sorpresa di scoprirci simili – è una parafrasi del ritornello della canzone che dà il titolo all’ultimo album di Laura Pausini Simili. Ho coniato questa espressione ascoltando la sua intervista su Repubblica.tv. Non succede spesso che una pop star di livello mondiale menzioni la nostra piccola chiesa. Se questo succede non posso che rallegrarmene. Al tempo stesso, come pastore devo pormi alcune domande.
La popolarità di Laura Pausini è trasversale e spesso le sue canzoni mettono d’accordo genitori e figli. Sembra tuttavia che la maggior parte del suo pubblico sia nata negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso; vale a dire: persone coetanee della cantante. Quando penso però alla composizione anagrafica delle nostre chiese la generazione e di Laura Pausini non è particolarmente rappresentata. Perché? Un abbozzo di risposta si trova sempre nella canzone Simili: “Sono scappata via quando mi sono vista dentro un labirinto senza decidere”. Molte persone restano però imprigionate nei loro labirinti, senza decidere, senza scappare via. Indubbiamente la situazione sociale in Italia favorisce un girovagare senza una meta precisa anche perché il fallimento morale di molte istituzioni ritenute infallibili si palesa sempre più chiaramente.
Laura Pausini vede invece nella nostra chiesa un'alternativa a una cultura, o piuttosto a una subcultura di matrice cattolica che rende il nostro paese abbastanza arretrato nel campo delle libertà civili. Il fatto che una delle sue migliori amiche non possa legalizzare la sua relazione omoaffettiva è una lacuna imperdonabile nel nostro ordinamento civile. Noi, protestanti italiani cerchiamo di impegnarci in prima linea per affermare i diritti fondamentali di ogni persona e per denunciare ingerenze indebite nei processi legislativi. Laura Pausini coglie bene questa nostra caratteristica. Tuttavia mi piacerebbe confrontarmi con lei su un quesito fondamentale: in che misura la nostra predicazione e la nostra azione sociale rispondono alla domanda di senso che si fa sempre più pregnante sia fuori sia dentro le nostre chiese?
Fonte: www.chiesavaldese.org - 9 novembre 2015
Su internet, la puntata di Protestantesimo che commenta il Sinodo dei vescovi sulla famiglia e il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste su “Famigia, famiglie” disponibile sul sito della RAI.
Sinodo dei vescovi. Per il “delegato fraterno” Macquiban c’è un piccolo passo in avanti
Roma (NEV), 28 ottobre 2015 - “Talvolta in questo Sinodo ci siamo concentrati su una sola forma di famiglia, quella tra genitori e figli, definita attraverso la forma sacramentale del matrimonio e la sua vocazione. Per alcuni così facendo non si tengono in considerazione i differenti modi in cui molte persone vivono e che hanno esperienze di altre forme di famiglia nei vari contesti e nelle differenti culture. Forse abbiamo sottovalutato come tutti noi apparteniamo alla famiglia della fede, costituita dalla chiamata di Dio”. Sono le parole con cui il pastore metodista Tim Macquiban, direttore dell'Ufficio ecumenico metodista di Roma, è intervenuto al Sinodo dei vescovi conclusosi domenica scorsa 25 ottobre in Vaticano. Macquiban ha fatto parte dei “delegati fraterni”, i non cattolici invitati a prendere parte ai lavori sinodali con voce consultiva: dodici in tutto, sei ortodossi e sei protestanti (vedi NEV/41).
“Ci sono stati timori tra i cardinali e i vescovi riguardo al procedimento dei lavori. L'autorità personale del papa era fuori discussione, ma il modello sinodale per affrontare le questioni importanti è stato causa di nervosismo – ha proseguito Macquiban -. Il testo finale presentato al papa riafferma l'insegnamento tradizionale sul matrimonio e la famiglia. L'opposizione alle unioni e ai matrimoni omosessuali, all'aborto e all'eutanasia è espressa chiaramente. Allo stesso tempo rafforza la volontà della chiesa cattolica di migliorare la preparazione al matrimonio e il sostegno alle famiglie in difficoltà”. Un bilancio in parte positivo quello di Macquiban che ravvisa come si sia fatto un passo in avanti per imparare a vivere con la varietà di opinioni e pratiche presenti nei diversi contesti culturali e geografici: “un modello per la chiesa cattolica, per portare il vangelo della famiglia attraverso le diversità, per un mondo che chiede a gran voce compassione”, ha concluso Macquiban.
We are family: Una ricerca della Chiesa metodista di Gran Bretagna sui nuovi volti della famiglia
Luca Baratto - 15 settembre
«La nostra comprensione della famiglia deve andare oltre il modello di famiglia nucleare per abbracciare una grande diversità di relazioni». Così Gail Adcock, responsabile per lo sviluppo dei ministeri per la famiglia della Chiesa metodista della Gran Bretagna, ha riassunto il concetto principale emerso dalla ricerca «We are Family», presentata gli scorsi 11 e 12 settembre presso la Hope University di Liverpool. Dalle famiglie monoparentali a quelle allargate, fino a quelle che comprendono una badante; dalle coppie eterosessuali senza figli a quelle dello stesso sesso con figli; l'intento dei metodisti britannici è dar vita a una chiesa che sappia accogliere tutte queste diversità.
Per saperne di più: http://riforma.it/it/articolo/2015/09/15/we-are-family
***
Presentato al Sinodo valdese un documento di studio della Commissione famiglie
Schellenbaum: “La famiglia fondata sul matrimonio rimane rilevante ma non può essere più considerata forma privilegiata o addirittura unica. Si tratta di includere altre forme di unione”
Manocchio: “Ogni amore autentico, libero e sincero viene da Dio"
CONFERENZA STAMPA DEL 27 AGOSTO:
http://riforma.it/it/articolo/2015/08/27/conferenza-stampa-del-sinodo-di-giovedi-27-agosto
Torre Pellice (Torino), 27 agosto 2015 (SSSMV/11) – Il dibattito del Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, in corso a Torre Pellice (TO) dal 23 al 28 agosto, ha affrontato questa mattina il tema delle nuove famiglie. In particolare, i 180 deputati hanno ricevuto e inviato alle chiese locali affinché lo studino e lo valutino, un ampio documento redatto dalla Commissione famiglie delle chiese metodiste e valdesi. “Si tratta del primo documento di questo genere dopo quello sul matrimonio approvato dal Sinodo del 1971 e il testo sui matrimoni interconfessionali stilato insieme alla Conferenza episcopale italiana del 1997/2000”, ha precisato questa mattina Paola Schellenbaum, membro della Commissione famiglie, durante una conferenza stampa di presentazione del testo. “Nel documento, la famiglia fondata sul matrimonio rimane rilevante ma non può essere più considerata forma privilegiata o addirittura unica. Si tratta di includere altre forme di unioni”, ha affermato Schellenbaum che ha aggiunto: “Il testo è il frutto di un confronto di un dialogo con la società, di cui cerca di cogliere i cambiamenti e le novità”. Più in dettaglio, l'argomento delle famiglie e delle forme di unioni viene affrontato a partire da quattro prospettive: biblica, teologica, giuridica e liturgica; nel capitolo finale, propone poi alcune questioni per la discussione, come per esempio, la possibilità di procedere a benedizioni di coppie senza effetti civili. Le chiese locali dovranno far pervenire le loro osservazioni sul testo che verrà posto in discussione e votazione nel Sinodo 2016.
Durante la stessa conferenza stampa la pastora Mirella Manocchio, coordinatrice della Commissione culto e liturgie delle chiese battiste, metodiste e valdesi ha illustrato a grandi linee il testo di una liturgia per la benedizione di coppie dello stesso sesso che sarà sottoposta al voto del Sinodo questa sera. “Nel 2010 il Sinodo ha introdotto la possibilità, per le chiese locali che abbiano fatto un opportuno percorso, di celebrare benedizioni di unioni di coppie dello stesso sesso. Successivamente il Sinodo ha dato mandato alla Commissione liturgie di definire una liturgia ufficiale”, ha spiegato Manocchio. Il testo della liturgia inizia con la citazione biblica di 1 Giovanni 4:7 che dice “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio”. “Questo - ha sottolineato Manocchio – per dire che ogni amore autentico, libero e sincero viene da Dio, indipendentemente dal fatto che si tratti di una coppia eterosessuale o omosessuale”. I testi delle due liturgie sono già stati sottoposti al giudizio del Corpo pastorale – l'organo teologico consultivo del Sinodo – che ha espresso il suo parere positivo. (NEVCS/55)
L’Agenzia stampa NEV-notizie evangeliche (www.nev.it) è presente come Ufficio stampa del Sinodo presso la "Casa Valdese" di Torre Pellice, in via Beckwith 2, tel. 0121.950035, fax 0121.91604 (è attivo il numero +39 335 52 50 593). Da lunedì 24 agosto saranno organizzate conferenze stampa quotidiane sui principali argomenti in discussione. Per approfondimenti: www.chiesavaldese.org.
DIRITTI CIVILI
La famiglia cambia, cambino le leggi
Una riflessione sulla recente sentenza di Strasburgo che condanna l’Italia per l’assenza di un riconoscimento giuridico delle coppie dello stesso sesso
di Paola Schellenbaum - 27 luglio 2015 - Riforma.it
Proprio l’altro giorno stavo risistemando la scrivania del mio computer, prima della pausa estiva, e mi è capitato sotto mano un articolo intitolato «Is there a family, c’è una famiglia?» di tre antropologhe americane, pubblicato la prima volta nel 1981 poi nel 1997 per essere quindi citato nel libro “Contro natura. Lettera al Papa” nel 2008 e nelle sue successive ristampe[1]. I miei pensieri andavano al lungo ed articolato dibattito nelle scienze umane e sociali sui temi del gender e delle unioni civili, ma anche alla discussione sulle varie forme di famiglia “al plurale” che ormai da trent’anni ci accompagna.
Ed ecco giungere la notizia, riportata da diversi quotidiani, della condanna del nostro Paese da parte della Corte europea dei diritti umani per il mancato riconoscimento delle coppie gay. Nella sentenza del tribunale di Strasburgo l’Italia ha violato l’articolo 8 della convenzione europea dei diritti umani che esprime il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Oggi in Italia non vi è sufficiente tutela legale attualmente disponibile, volta a provvedere ai bisogni fondamentali di una coppia non sposata ma impegnata in una relazione stabile. E per la Corte di Strasburgo, l’Italia è l’unica democrazia occidentale a mancare a questo impegno, una lacuna grave analizzata ripetutamente nel corso degli anni e che la sociologa Chiara Saraceno ha più volte definito l’ «anomalia italiana».
Si tratta dunque di una sentenza importante che dice dell’urgenza di una legge, rilevata anche dalla Presidente della Camera Laura Boldrini che si è espressa con una frase inequivocabile: «tempo scaduto». L’Italia dovrà adesso introdurre un riconoscimento legale delle unioni civili, ovvero forme di riconoscimento che sono sostanzialmente allineate con il matrimonio, anche se viene lasciata ai singoli Stati l’estensione di questo fondamentale diritto.
Questa notizia segue quella diffusa a metà giugno sul riconoscimento delle famiglie omosessuali da parte del Parlamento di Strasburgo, accolta come un’accelerazione positiva dal coordinatore della Commissione famiglie, past. Paolo Ribet, che aveva anticipato all’agenzia NEV: «Il documento che la Commissione Famiglie della Tavola valdese presenterà in agosto al Sinodo delle chiese metodiste e valdesi andrà proprio nella direzione qui indicata: la famiglia cambia, cambino le leggi».
Ho dunque ripensato alla riflessione che nelle nostre chiese metodiste e valdesi si è riaperta a partire dal 2010 (con l’atto sinodale sulla benedizione delle coppie dello stesso sesso nelle Sessioni europea e rioplatense), anticipato dal documento sull’omosessualità approvato nella sessione congiunta dell’Assemblea generale battista e del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste nel 2007. Ogni anno abbiamo aggiunto un frammento di riflessione, ci siamo messi in ascolto gli uni degli altri non per uniformare le nostre posizioni ma per allargare la tenda affinché i diritti di alcuni possano diventare di tutti, secondo un principio di uguaglianza che mantiene le differenze. Questi temi sono stati affrontati nella loro complessità, sono stati approfonditi aspetti giuridici e teologici e tutto questo ha aiutato la Commissione famiglie a produrre una bozza di documento in dialogo con le chiese locali, ma anche con i documenti precedenti, ovvero il documento sul matrimonio (RO.M 1971) e il Testo comune sui matrimoni interconfessionali (1997, 2000) e con la società civile.
Vi è poi stato un evento recente che ha segnato un nuovo inizio nel dialogo ecumenico anche su temi etici. A Roma, lo scorso 9 marzo presso il Senato della Repubblica, cattolici, protestanti e ortodossi hanno sottoscritto il documento "Contro la violenza sulle donne: un appello alle chiese cristiane in Italia", elaborato da una commissione congiunta della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della CEI. Un problema sempre più evidente in tutta la sua drammaticità ha consentito di rivolgere un appello a una sola voce, nonostante le diversità di approccio rispetto a famiglia e matrimonio. E la cornice della unità nella diversità consente il dialogo e il confronto su aspetti che possono anche dividere, ma che sono detti nella fraternità ed entro un comune riconoscimento: Dio ci parla attraverso le differenze e non nell’uniformità come ci è stato anche ricordato durante la visita del Papa al tempio valdese di Torino.
Anche nelle chiese locali vi sono tante diverse posizioni - sollevate nei paesi europei che hanno già attraversato il dibattito sul «matrimonio per tutti» - ma è proprio nel confronto franco e aperto che emerge tutta la fraternità e l’accoglienza di cui possiamo essere testimoni anche nella società.
Infine, affinché la riflessione possa avanzare sul piano delle liturgie, è necessario trovare le parole per un pieno riconoscimento dell’amore che unisce due persone, senza discriminazione di orientamento sessuale.
In ogni incontro, ad ogni dibattito, in ogni assemblea di chiesa ho avvertito da una parte l’urgenza di dire una parola evangelica che possa aprire una breccia anche nella società, dall’altra ho incontrato una certa prudenza nel benedire coppie che non abbiano un riconoscimento civile, per lealtà nei confronti dello Stato. Ma la benedizione non è il matrimonio (che è tale quando è civile) ed essendo un «gesto-parola» dell’amore di Dio, per usare un’espressione di Henry Mottu, è preziosa per ricevere qualcosa del Dio di Gesù Cristo nella vita a due: è la mano di Dio che dà la sua benedizione a esseri umani particolari, che ama e che libera dal timore e dalle grinfie della morte, che manda in missione e conferisce la vocazione. È un affidare a Dio donne e uomini di cui siamo responsabili come comunità. Chi siamo noi per giudicare o per rifiutare la benedizione a una coppia che intende vivere insieme stabilmente? Cerchiamo piuttosto di rallegrarci e di condividere la gioia, diventando a nostra volta comunità benedicenti.
[1] Collier J., Rosaldo M.Z., Yanagisako S., "Is there a family? New Anthropological Views", in B. Thorne (a cure di) Rethinking the family, Longman New York 1981.
Remotti F., Contro natura. Lettera al Papa, Roma-Bari, Laterza 2008.
***
Il Parlamento europeo riconosce le famiglie gay
Il pastore Paolo Ribet: la famiglia cambia, cambino anche le leggi
Roma (NEV), 10 giugno 2015 - “Nell'ultimo anno la questione del riconoscimento delle unioni di persone dello stesso sesso ha sicuramente visto un'accelerazione insperata, di cui il risultato del referendum in Irlanda e la deliberazione del Parlamento Europeo sono solo gli ultimi episodi”. Così si è espresso il pastore Paolo Ribet, coordinatore della Commissione della Tavola valdese sulle nuove famiglie, interpellato dall'Agenzia stampa NEV sul riconoscimento da parte del Parlamento di Strasburgo delle famiglie gay. Ieri, infatti, i parlamentari europei hanno approvato un rapporto sull'uguaglianza di genere in Europa nel quale si prende atto dell'evolvere della definizione di famiglia e si esprime la necessità che le diverse legislature si adeguino alle nuove realtà, come l'omogenitorialità.
“Questa decisione – ha proseguito Ribet - dà ancora di più il senso dell'arretratezza di coloro che in Italia non vogliono aprire gli occhi di fronte ad una realtà che cambia velocemente. Non è negando l'esistenza di nuove forme di convivenza che si difende la famiglia, ma, al contrario, assicurando ad ogni nuovo nucleo comunitario garanzie e diritti che permettano una serena convivenza”. Ribet ha poi anticipato: “Il documento che la Commissione Famiglie della Tavola valdese presenterà in agosto al Sinodo delle chiese metodiste e valdesi andrà proprio nella direzione qui indicata: la famiglia cambia, cambino le leggi”.
FRANCIA: BENEDIZIONE COME TESTIMONIANZA E ACCOMPAGNAMENTO DELLE PERSONE
di Sabina Baral, sito della Chiesa valdese, www.chiesavaldese.org
Si è concluso nei giorni scorsi a Sète il Sinodo della Chiesa protestante unita di Francia (EPUdF). Nel 2012 un accordo storico ha portato alla nascita dell’unione delle chiese riformate e luterane, una nuova chiesa cristiana in Francia con solide radici ma aperta al futuro.
Al loro terzo Sinodo i protestanti francesi si sono confrontati sul tema "Benedire. Testimoni dell’Evangelo nell’accompagnamento delle persone e delle coppie". Il tema della testimonianza e della comunione fraterna è centrale per i riformati e luterani d'Oltralpe, in questa nuova fase della loro storia: testimoniare di Gesù Cristo tramite una condivisione aperta e attiva dell'Evangelo è una vocazione che dà senso alla vita - e alla vita della chiesa - ed orienta l’agire umano. "Evangelizzare equivale a benedire" - ha esclamato il past. Laurent Schlumberger, Presidente dell'EPUdF. "Queste due parole si prefiggono il medesimo obiettivo: recare una parola buona e feconda, annunciare una buona notizia portatrice di vita. Per noi questa parola proviene da Dio ed è rivolta a tutti: è l'Evangelo di Gesù, il Cristo. Noi ne siamo testimoni".La Chiesa valdese italiana era rappresentata al Sinodo francese da Paola Schellenbaum, membro della Commissione "Famiglie e coppie di fatto" della Tavola Valdese (e membro della Chiesa valdese di Pinerolo, NdR). Con lei abbiamo fatto il punto sulla riflessione in corso.
Evangelizzare e benedire non sono concetti teorici, tanto meno ideologici. Si ha a che fare con persone in carne ed ossa, coppie, famiglie, comunità. Come è possibile una condivisione dell'Evangelo che non dimentichi la concretezza delle nostre vite con il loro carico di gioie e dolori, di slanci e di cadute?
Sono appena rientrata da questa bellissima ed arricchente esperienza del Sinodo nazionale dell’EPUdF, per certi versi storico, moderato efficacemente da Philippe Sauter, comandante di nave in pensione, e da due vicepresidenti che hanno condotto i lavori in modo davvero efficace. Un cammino condiviso insieme a fratelli e sorelle delegati (105 con voce deliberativa), oltre a membri con voce consultiva, invitati e rappresentanti di chiese sorelle non solo europee, era infatti presente anche la CEVAA. La concretezza delle nostre vite si è trovata pienamente immersa nella preghiera, nella riflessione e nella testimonianza, ogni mattina aperta da una meditazione della priora della Comunità di Reully, Soeur Mireille, che ha anche predicato nel culto di chiusura, accompagnata da due diaconesse. Le loro voci risuonano ancora attraverso il commento al racconto della lotta di Giacobbe (Gen 32-33) e a quello della samaritana (Gv 4): questi testi ci interpellano tutti e tutte, nelle situazioni di vita in cui ci troviamo, nella gioia e nel dolore.
Gli inni e le preghiere hanno accompagnato il serrato dibattito sinodale che veniva al termine di un percorso articolato, durato diciotto mesi, in cui circa il 70% delle chiese locali e i nove sinodi regionali hanno potuto confrontarsi sul tema sinodale nelle sue diverse articolazioni.
Nel Sinodo nazionale è stato possibile partecipare attivamente alla revisione del documento proposto per la decisione finale. L’ascolto, l’espressione delle differenze e il confronto rispettoso - nelle situazioni concrete e attraverso la riflessione sulle relative problematiche - è stata una pratica costante durante i lavori sinodali. Sono stata molto colpita da questa metodologia, diffusa, coinvolgente e partecipativa, animata da un gruppo di “rapporteurs” coordinati da Isabelle Grellier, docente di teologia pratica a Strasbourg. Anche durante i lavori sinodali vi sono state due sessioni di lavoro di gruppo sul documento. E venerdì, in un momento un poco teso del dibattito in plenaria, mi hanno chiesto di intervenire sulla nostra esperienza, che ho brevemente presentato nel suo percorso: penso sia stato utile al dibattito, un segno di testimonianza e di incoraggiamento ma anche di condivisione di un cammino comune.
Per leggere l’intero articolo:
***
