presenza dei valdesi a pinerolo da metà ottocento ad oggi
VALDESI E SOCIETA’ PINEROLESE
TRA OTTOCENTO E NOVECENTO - SECONDA PARTE
(di Gianni LONG - diritti riservati)
Valdesi e “liberi muratori”
Si è già accennato al ruolo di rilievo ricoperto da alcuni valdesi nel periodo napoleonico, in cui sottoprefetto di Pinerolo fu il pastore valdese Pietro Geymet, che per qualche tempo cumulò questa carica civile con quella di moderatore della tavola valdese.
Lo stesso Pietro Geymet fu il primo Maestro venerabile della loggia massonica di Pinerolo Parfaite Amitié, fondata nel 1807 e scomparsa con la restaurazione. Ne facevano parte altri autorevoli valdesi, come il colonnello Giacomo Marauda e i fratelli Cipriano e Paolo Appia[1]. Secondo la ricostruzione di Augusto Comba, la massoneria del periodo napoleonico era organizzata dallo stato, come un organismo collaterale, cui aderivano quasi automaticamente i titolari di cariche pubbliche. Si diventava massoni in quanto sindaci (lo furono molti sindaci delle valli) o appunto sottoprefetti, non viceversa! Precedenti contatti di esponenti valdesi con la massoneria erano stati sporadici. Con la fine dell’impero napoleonico, la massoneria fu rigorosamente repressa dai governi della restaurazione. Tornò una organizzazione segreta, spesso intrecciata con movimenti rivoluzionari, in particolare con la carboneria. I valdesi allentarono, a quanto sembra, i contatti con i “liberi muratori” (questa la traduzione del termine inglese massoni, mentre la denominazione completa free masons era italianizzata in “frammassoni”, oggi diventato ironico) per vari decenni, anche se il personaggio principale che viveva tra di loro in quel periodo, il già citato Charles Beckwith, era con ogni probabilità massone[2]. Non li ripresero neppure nel periodo cavouriano, quando la massoneria era molto più considerata nel nuovo regime liberale. Nella seconda metà dell’Ottocento, quasi tutti gli evangelici italiani ”ebbero rapporti amichevoli con le logge massoniche… nell’ottica di una comune offensiva anti-cattolica”, in particolare i metodisti episcopali e le chiese libere[3]. Più lento fu il progresso della massoneria tra i valdesi. La loggia Excelsior di Torre Pellice fu fondata solo nel 1900 e divenne il punto di riferimento dei massoni valdesi e anche di protestanti di altre parti d’Italia. Nel corpo pastorale valdese vi furono massoni che detennero le massime cariche della chiesa: il presidente del Comitato per l’evangelizzazione (da cui Pinerolo dipendeva sino al 1886) Matteo Prochet, i moderatori Ernesto Giampiccoli e Guglielmo Del Pesco. Ma non vi fu mai l’adesione massiccia che caratterizzò altre denominazioni evangeliche. In particolare, non risulta che nessuno dei pastori di Pinerolo sia stato massone, anche se tre di loro erano legati per parentela ad esponenti massonici di rilievo. Abbiamo già accennato a Giacomo Marauda e ai fratelli Appia, massoni di epoca napoleonica e parenti rispettivamente di Luigi Marauda e di Giorgio Appia. Ad essi è da aggiungere Marco Ayassot, figlio di Ernesto Ayassot, che fu il pastore valdese massone di maggiore rilievo nella seconda metà del Novecento.
Un laico importante nella storia della chiesa valdese di Pinerolo e della massoneria fu Cesare Gay[4]. Studiò al collegio di Torre e poi alla facoltà di giurisprudenza di Napoli, dove fu iniziato alla massoneria. Avvocato, era tutto il contrario del mondo chiuso e provinciale che ha a lungo caratterizzato Pinerolo e anche la locale chiesa valdese. A lui è legata gran parte della storia dell’ecumenismo valdese nella prima metà del Novecento, in quanto protagonista di due importanti vicende. La prima è quella del rapporto tra valdesi/protestanti italiani e modernismo cattolico, un rapporto che passò soprattutto attraverso due figure: quella di Gay e quella di Ugo Janni, anch’egli massone[5]. Janni apparteneva alla chiesa vecchio-cattolica e nel 1900 aderì con tutta la suaomunità di Sanremo alla chiesa valdese. In quell’anno (lo stesso della fondazione della Excelsior di Torre Pellice!) fu affiliato alla loggia Mazzini di Sanremo. Nel 1911, in qualità di presidente del Sinodo, invitò a tenervi una conferenza il “fondatore” del modernismo Romolo Murri.
Cesare Gay fu molto legato all’altra grande figura del modernismo, Ernesto Buonaiuti; questi, cacciato dalla chiesa cattolica per le sue posizioni teologiche e dall’università italiana per aver rifiutato il giuramento di fedeltà al fascismo, fu a lungo ospite proprio di casa Gay a Pinerolo. In un periodo di scarso o nullo ecumenismo con la chiesa cattolica ufficiale, e di diffidenza verso i cattolici dissidenti, la nostra città si trovò quindi testimone dell’attività del “pellegrino di Roma”, come viene chiamato Buonaiuti dal titolo di una sua celebre opera.
Di segno ecumenico in tempi difficili fu anche un altro rilevante aspetto dell’attività di Cesare Gay: il ruolo di segretario nazionale delle Associazioni Cristiane Dei Giovani (ACDG), legate all’internazionale YMCA, a sua volta in stretti rapporti con la massoneria. Questa organizzazione interconfessionale protestante (e ortodossa) ma aperta ai cattolici risale alla metà dell’Ottocento. Ma nel 1928 l’enciclica Mortalium animos di papa Pio XI vietò ai cattolici l’adesione a movimenti “pancristiani”. Nel medesimo periodo, il fascismo prese ad avversare le ACDG per i loro legami col mondo anglosassone; e in ambito valdese fu fondata la FUV, come organizzazione di stampo prettamente confessionale[6]. Sotto questo attacco concentrico, le ACDG cessarono praticamente di esistere, per risorgere alla fine della guerra con altre caratteristiche. Ma anche in quegli anni difficili continuarono ad essere un fattore della storia. Delle ACDG sotto la gestione del segretario generale Gay è da ricordare soprattutto il convegno del Castagneto di Villar Pellice nel 1933. Vi erano “dissidenti” di tutti i generi: l’amico Buonaiuti, il futuro parlamentare socialista Lelio Basso, il pastore metodista Vincenzo Nitti, sottoposto a sorveglianza speciale dal regime; e alcuni giovani valdesi allora sconosciuti: Giovanni Miegge, Mario Alberto Rollier, Giorgio Peyronel, Carlo Gay, Valdo Vinay[7]. Era la generazione dei “barthiani” che dieci anni dopo, a partire dal convegno del Ciabas del 1943, avrebbe rinnovato la teologia e l’etica politica della chiesa valdese. Al Castagneto ci fu una significativa anticipazione con un documento di solidarietà a Karl Barth per la sua difesa dell’autonomia della chiesa dalla politica imperante (il 1933 è l’anno dell’avvento al potere del nazismo). Fu forse il canto del cigno delle ACDG di Gay, ma con una lungimiranza che la chiesa valdese – e non solo – non aveva certamente.
Nel dopoguerra riprese l’attività massonica di Cesare Gay. Il fascismo aveva soppresso d’autorità tutte le logge, comprese la Excelsior di Torre Pellice e la Giordano Bruno di Pinerolo. Nel 1946 fu rifondata la Excelsior e Gay ne fece parte. Nel 1958 fu il promotore della nuova loggia di Pinerolo, intitolata a Mario Savorgnan d’Osoppo, ultimo Venerabile di quella soppressa dal fascismo. Questa loggia è quindi legata al mondo valdese, sia per il ruolo svoltovi da Gay, sia perché originata da quella di Torre Pellice. A Pinerolo esiste anche un’altra loggia, l’Acaia[8].
Pinerolo e le “chiese sorelle”
Pinerolo ha avuto un curioso destino: sino al 1886, per chi provenisse dalle Valli, era la prima chiesa d’Italia. Era infatti alle dipendenze del Comitato per l’Evangelizzazione che gestiva anche le comunità valdesi di Roma, della Sicilia e di tutto il resto d’Italia. Dopo quella data, divenne invece l’ultima “parrocchia” delle Valli valdesi, sia in ordine geografico, sia in ordine di tempo. Non aveva molto a che fare con le tipiche chiese delle Valli: non aveva personalità giuridica, (che i quindici concistori delle Valli avevano ab antiquo e che fu riconfermata dal nuovo stato unitario nel 1865), il francese vi era poco usato (solo nel periodo 1914 – 1929, a quanto risulta, si teneva quattro volte l’anno la Santa Cena in francese), mentre nelle chiese delle Valli il francese era assolutamente prevalente sino al 1929, quando venne abolito per ragioni politiche; pur se gran parte dei membri di chiesa di Pinerolo erano agricoltori, si trattava di una chiesa urbana che quindi aveva difficoltà a seguire usi tipici delle Valli (come quello del funerale in due tappe, nel cortile di casa e al cimitero, senza passare per il tempio). Ci fu quindi qualche difficoltà, anche se l’ingresso di Pinerolo tra le chiese delle Valli era richiesto da decenni dai pinerolesi e quindi essi ne furono felici.
Da allora la chiesa di Pinerolo ha sempre fatto parte delle Valli valdesi, nelle successive divisioni amministrative che sono state create (distretti, circuiti) e sin dall’inizio ha costituito per le altre parrocchie un naturale punto di riferimento logistico. Nell’Ottocento i contatti tra le comunità di Valli diverse potevano essere tenuti solo con faticose marce attraverso i monti, impossibili d’inverno. Dopo la costruzione della ferrovia Pinerolo – Torre Pellice e della tramvia Pinerolo – Perosa, ritrovarsi a Pinerolo divenne più facile per tutti. Non è un caso che l’unica opera diaconale istituita nell’ambito della chiesa di Pinerolo, il Convitto – attivo fra il 1960 ed il 1976 - era al servizio delle chiese delle alte Valli[9].
Pinerolo ha però mantenuto caratteristiche “di frontiera”, come dimostra la vicenda di Piossasco. Piossasco era un “quartiere” della chiesa di Pinerolo. In seguito alla crescita della popolazione valdese nella zona, la chiesa di Piossasco è stata riconosciuta come “chiesa in formazione”, cioè separata da Pinerolo e come tale aggregata al secondo distretto, che riunisce fra l’altro le chiese piemontesi fuori delle Valli. Persi i requisiti per essere chiesa in formazione, Piossasco è tornata dal 1997-98 a far parte della chiesa di Pinerolo e quindi del primo distretto, quello delle Valli.
Piossasco non è peraltro l’unica comunità ad essersi separata, sia pure provvisoriamente, da Pinerolo: l’altra è quella di San Secondo, che è diventata una chiesa autonoma dal 1958[10].
Del resto, che la chiesa di Pinerolo fosse una new entry alle Valli risulta anche dalla scelta dei pastori: Enrico Pascal era stato mandato a Pinerolo nel 1883 dal Comitato per l’evangelizzazione, provenendo da Como e tre anni dopo divenne il primo pastore eletto di Pinerolo. Era un pastore “italiano” specializzato nell’evangelizzazione, anche se proveniente da famiglia delle Valli. Il suo successore, Luigi Marauda, proveniva da Prali ed era un pastore molto giovane, che divenne un personaggio di rilievo per la chiesa valdese nel suo insieme proprio nel corso del suo lungo ministero a Pinerolo (1912 – 1946). All’inizio del secolo, Pinerolo era ancora una comunità medio-piccola, di circa trecentocinquanta membri. Crebbe lentamente ma costantemente fino alla seconda guerra mondiale (seicento membri nel 1940), ma la grande crescita fu con l’industrializzazione del dopoguerra e quindi il trasferimento in città di molte famiglie delle Valli. Nel 1970, nonostante la perdita di circa centottanta membri derivante dalla creazione della chiesa di San Secondo, i membri della chiesa di Pinerolo erano ottocentocinquanta, circa il triplo rispetto all’inizio del secolo. Sono i ministeri di Rostan e Deodato ad aver visto tale crescita. Si tratta, tra l’altro, di due personaggi che avevano molti altri incarichi ecclesiastici: Rostan non concluse il suo mandato a Pinerolo perché eletto Moderatore nel 1958 e Deodato vi giunse da Moderatore uscente. La combinazione di questi fattori (crescita della chiesa e altri impegni dei pastori) portò ad un cambiamento nella gestione della chiesa di Pinerolo. Se prima era una tipica chiesa “monopastorale”, come la maggior parte delle chiese delle Valli, divenne sempre più una chiesa con una équipe di pastori. Dallo specchietto allegato sui pastori/pastore impegnati a Pinerolo si ha una idea di questa trasformazione; ma essa è solo parziale. In primo luogo va ricordato che due dei pastori di Pinerolo vi risedettero per un certo periodo anche dopo la loro emeritazione: Deodato e Marauda. Negli anni più recenti si sono stabiliti a Pinerolo due ex professori della Facoltà di Teologia (Corsani e Rostagno).
Inoltre a Pinerolo, proprio per la sua posizione di fondovalle, si sono trovati a risiedere altri pastori, non assegnati alla chiesa locale. E’ il caso del candidato Ruben Artus, rioplatense, che alla fine degli anni Settanta risiedeva a Pinerolo pur incaricato delle chiese di Coazze e Piossasco; o di Bruno Tron che risiedeva a Pinerolo già prima di esser eletto pastore della nostra chiesa, lavorando per il Servizio rifugiati e migranti della FCEI; vari presidenti della Federazione giovanile (FGEI) hanno abitato a Pinerolo durante il loro mandato. Ricordiamo in particolare la pastora battista Cristina Arcidiacono, nel 2003-2005. Tutte queste persone si sono trovate a collaborare con le attività della chiesa di Pinerolo e la Arcidiacono fu la prima pastora non valdese a collaborare, sia pure in modo non ufficiale, con la chiesa di Pinerolo (il compito assegnatole era l’animazione giovanile nel distretto). Nei primi anni ’90 si era discusso della possibile assegnazione a Pinerolo come “secondo pastore” di un pastore battista (Domenico Tomasetto) che avrebbe dovuto costituire il legame fra i battisti italiani e la realtà delle Valli. Poi Tomasetto nel 1994 fu eletto presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia a Roma, ed il progetto non andò in porto. Ma è interessante riferirlo qui per notare che Pinerolo è, da questo punto di vista, parte integrante delle Valli: non vi sono né metodisti né battisti. Due dei più grandi eventi che hanno riguardato la chiesa valdese nel suo insieme, l’integrazione con i metodisti – che è completa a partire dal 1979 – e il pieno riconoscimento con i battisti – in corso dal 1990 – hanno solo sfiorato la realtà delle Valli e di Pinerolo, mentre nel resto d’Italia si è trattato probabilmente degli avvenimenti più importanti. Già nella vicina Torino il rapporto tra le diverse chiese evangeliche è un elemento fondamentale nella vita di quella chiesa valdese. Non si può che ribadire che Pinerolo è, da questo punto di vista, una realtà profondamente “valligiana”.
Anche il dialogo con le altre chiese evangeliche, meno prossime di metodisti e battisti, è a Pinerolo un elemento importante nella vita della chiesa valdese, ma non determinante. Esistono buoni rapporti con le chiese dei Fratelli (in collaborazione con le quali nacque a suo tempo la chiesa di Piossasco); in maniera più o meno corrispondente con quelle che sono le relazioni a livello nazionale, esistono forme di collaborazione con gli avventisti ed i pentecostali “liberi” presenti a Pinerolo e dintorni, mentre alcune difficoltà in più esistono con le Assemblee di Dio in Italia (ADI) che hanno aperto il grande tempio di via Saluzzo. La realtà delle ADI in Italia e del loro rapporto con il protestantesimo storico è in rapida evoluzione in tutta Italia. Chissà che in futuro non si possa parlare di un consiglio dei pastori evangelici di Pinerolo, come in altre città d’Italia?
È poi da menzionare la Chiesa ortodossa. In passato vi fu in val Pellice la curiosa esperienza dei rifugiati russi, prima all’Uliveto e poi a villa Olanda (1968-1986). Avevano una propria cappella e un pope che li visitava periodicamente. Era una comunità piuttosto chiusa, per cui non si può parlare di una esperienza ecumenica che abbia coinvolto Pinerolo. Negli ultimi anni invece l’emigrazione ha portato ad una crescente presenza ortodossa in città, ed alla istituzione di una parrocchia rumena. Alcuni contatti sono stati stabiliti, ma non si può parlare di un ecumenismo “triangolare”, come da molti anni è stato stabilito a livello nazionale, avendo come attori la Federazione delle chiese evangeliche in Italia, la Commissione ecumenismo della Conferenza episcopale italiana e la Sacra metropolia ortodossa d’Italia.
Un particolare “dialogo”, caratteristico della chiesa valdese di Pinerolo, fu stabilito per alcuni anni con persone di fede islamica. Dal febbraio 1990 fu aperto, nei locali dell’ex convitto, un centro assistenza per gli immigrati. All’epoca si trattava quasi esclusivamente di immigrati islamici. Dopo una breve sospensione, per ristrutturazione locali, l’attività riprese nel 1996. Alla semplice attività di assistenza sia affiancarono incontri di dialogo interreligioso, con la partecipazione di valdesi, cattolici e islamici. Questo centro di assistenza ebbe vita difficile e si concluse definitivamente nel 2001. Ci furono problemi pratici e logistici, scarsità di volontari e, lamentava la relazione di quell’anno, scarsa partecipazione della comunità. Ma uno dei motivi fu la contraddizione che fu molto avvertita: da una parte, non si voleva fornire solo un aiuto materiale che non fosse al tempo stesso una testimonianza cristiana. Dall’altra, si voleva assolutamente evitare che una parola di troppo potesse sembrare una azione di proselitismo o un indice di scarso rispetto per l’identità culturale e religiosa delle persone aiutate. Si è trattato di una esperienza difficile ma interessante: all’interno della piccola chiesa valdese di Pinerolo si sono verificati i dilemmi che da tempo sono dibattuti nelle agenzie ecumeniche internazionali. Anche una comunità locale può vivere sulla propria pelle i grandi problemi del tempo presente.
[2 - continua]
Note:
[1] A. COMBA, Valdesi e massoneria. Due minoranze a confronto, Torino, Claudiana 20002, p. 31-32.
[2] A. COMBA. Valdesi e massoneria , cit., p. 119.
[3] G. SPINI, Profilo storico della presenza metodista in Italia, in F. CHIARINI (cur.),Il metodismo italiano, Torino, Claudiana, 1997, p. 16.Vedi anche G: GAMBERINI. I protestanti nella Massoneria italiana del primo Novecento, n. BSSV, 132/1972), p. 133.
[4] Su Cesare Gay v. l’ampio profilo biografico di G. SPINI, Italia di Mussolini e protestanti, Torino, Claudiana 2007, p. 199 ss.
[5] C. MILANESCHI, Ugo Ianni: la coscienza protestante di un pioniere dell'ecumenismo,in BSSV, n. 148 (dic. 1980), pp. 85-98; .A.M. ISASTIA, Massoni e modernisti, in P.C. LONGO (cur.), Protestantesimo e Massoneria in Italia nel secolo XX, Roma, Edimai, 1997, p. 55; L. GIORGI, Il modernismo cattolico e gli evangelici, ovvero il protestantesimo italiano di fronte alla «crisi modernista, in F. CHIARINI-L. GIORGI (cur.), Movimenti evangelici in Italia dall’Unità a oggi: studi e ricerche, Torino, Claudiana, 1990, p. 21. A. COMBA, Valdesi e massoneria , cit., p. 49, nota che su otto pastori valdesi attenti al modernismo, quattro – Meynier oltre ai già citati Del Pesco, Giampiccoli e Janni – erano massoni.
[6] Per altro anche il fondatore della FUV Davide Bosio era massone, almeno secondo un rapporto del 1931 della polizia fascista, citato da J.P. VIALLET, La chiesa valdese di fronte allo stato fascista, Torino, Claudiana 1985, p. 366, nota 9.
[7] G. SPINI, Italia di Mussolini e protestanti, cit., p. 206.
[8] A. COMBA, Valdesi e massoneria , cit., p. 140.
[9] Nel 1973-74, dei 19 convittori che trascorsero a Pinerolo l’intero anno, 7 venivano da Prali, 3 da Massello, 8 da chiese delle alte Valli, 2 da diversa provenienza. Vedi G. LONG, Aspetti della vita, cit. p. 26
[10] G. ROSTAING, Chiesa Valdese di San Secondo 1958-2008, Pinerolo, Tipolitografia Giuseppini, 2008.